Noi celabbiamo

C'e' chi cellà e chi non cellà, noi celabbiamo.

C'abbiamo un cortile incastonato tra le case come i cortili di una volta, e anche come quelli di adesso.


Dove a partire dalla primavera e fino all'autunno inoltrato, si può stare seduti (però non è obbligatorio, va bene anche in piedi) a chiacchierare, bere, ridacchiare, fumare, annusare il profumo del glicine del rosmarino della salvia del bosso e dello zampirone.

Che poi, dato che le stagioni non esistono più, nè le mezze e ormai neppure quelle intere, c'è chi sta lì fuori anche in pieno dicembre, senza batter nè ciglio nè i denti.

Siamo innamorati del nostro cortile, ma non siamo certo gli unici. Se n'è innamorata perdutamente anche l'edera del cortile vicino, che ha scavalcato il muro di cinta e creato una folta tettoia ombrosa davvero bella, se non fosse che è parecchio vanitosa e le piace farsi potare spesso.
Se ne sono innamorati i merli che costruiscono nidi nel glicine grandi come loft, i passerotti che fanno un baccano che par d'essere in piazza vittorio in orario aperitivo, i ragni che incessantemente disegnano quaellà ragnatele dalle trame strepitose.

I ragni li trattiamo molto bene, perchè è risaputo che portano soldi.
Chissà quanti ne hanno portati in questi anni, chissà soprattutto a chi.
E poi le farfalle, le api, le coccinelle, i pipistrelli che al Molo hanno una casetta tutta loro.

Una volta è sbucato pure un riccio, allora gli abbiamo messo nell'aiuola una ciotolina di latte; il giorno dopo la ciotola era vuota, e lì accanto c'era un biglietto con su scritto "grazie, però avrei preferito del vino".
A nostra volta, gli abbiamo lasciato lì una tessera arci precompilata.

 

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